| LA PIPA di BAUDELAIRE
Mi fa molto piacere che Ercole abbia richiesto il sonetto di Baudelaire sulla pipa, che trascrivo qui di seguito. Prima di riportare il testo, ho premesso una foto che ritrae il poeta con un sigaro tra le dita. L’autore de Les Fleurs du Mal, infatti, fumava abitualmente sigaro e pipa. C’è anche un bel quadro che lo ritrae mentre è intento a scrivere nello studio, tra libri e fogli di carta sparsi, la sua pipa. Baudelaire è un poeta particolare, un mago della parola in grado di trasmettere innumerevoli sensazioni tramite la sua sorcellerie évocatoire. Sensibile agli odori e ai profumi, come nessun altro poeta, che fossero quelli di un corpo femminile o quelli che danzano nell’aria della sera, me lo immagino in estasi, mentre si gustava il suo tabacco, fumato nell’uno o nell’altro modo. Egli, così attratto dai mari del sud, dai corpi scuri delle donne abitanti isole lontane, dal vociare dei marinai, dalle baie in cui sonnecchiano velieri, dal volo dei grandi albatros che planano sui flutti e cavalcano le tempeste, ritrovava di certo quei luoghi a lui così cari, insieme a tutto il calore e all'abbagliante luce dei tropici, chiudendo gli occhi e portando alle labbra il fedele sigaro acceso... Quanto al suo componimento, risulterà forse strano ma, pur con parole e immagini diverse, il concetto espresso dal sonetto è identico a quello della poesia di Tristan Corbière. L'uno avrà "imitato" l'altro? oppure sarà accaduto che entrambi, ignorandosi, hanno espresso la stessa, urgente verità? Anche in Baudelaire la pipa, peraltro molto fumata per come risulta annerita, mostra tutto il suo potere sciamanico di guarigione: dissolve il dolore del fumatore e allaccia e culla l’anima di questi, offrendogli un potente dittamo, un liquore, un prezioso elisir, in grado di guarire l’anima dalle tribolazioni e dalle ferite della vita. Non vi dico quale dei due componimenti prediligo; a voi, però, lo chiedo. La curiosità è tanta: quale vi piace di più?
La pipa
Sono la pipa d’uno scrittore; si vede, guardando il mio volto di Abissina o Cafra, che il mio padrone è un gran fumatore!
Quando è sovrastato dal dolore, fumo come la capanna dove si cucina il pranzo per il ritorno del lavoratore.
Allaccio e cullo la sua anima nella rete azzurra e mobile che sale dalla mia bocca di fuoco.
E che dittamo potente effondo per affascinargli il cuore e guarire il suo spirito dalle fatiche!
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